La data science o scienza dei dati include una serie di metodologie e approcci multidisciplinari con un unico scopo: comprendere il significato dei dati.
Infatti, forniscono informazioni preziose. Le aziende se ne rendono sempre più conto, per questo sono molte le imprese (anche le PMI) che hanno deciso di investire sui dati e nella Business Intelligence.
Sebbene il trend sia in crescita anche in Italia, nel nostro Paese però sembra esserci ancora qualcosa che ostacola le aziende che vogliono diventare data-driven.
In questo articolo, vogliamo proprio passare in rassegna i fattori che stanno frenando la data science italiana, cercando anche di capire come possono essere superati.
La data science in Italia
Gli investimenti delle aziende in BI durante la pandemia
Secondo i dati forniti dagli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano relativi al 2020, gli investimenti delle aziende in BI e Analytics hanno subito un rallentamento a causa della pandemia.
Da un lato, l’emergenza sanitaria ha modificato radicalmente la società e il lavoro mettendo in luce l’importanza di cercare significato nei dati; dall’altro ha costretto le aziende meno forti a frenare gli investimenti.
Il risultato è che si è ampliata la forbice tra le grandi aziende, che stanno raggiungendo la maturità nel lavoro con i dati, e le PMI.
La buona notizia, però, è che anche le realtà più piccole hanno intrapreso delle prime iniziative nell’ambito della data science.
La maggior parte delle imprese intervistate sta concentrando gli investimenti sui software. Eppure è il fattore umano a rappresentare uno degli ostacoli che frena l’affermazione della scienza dei dati in Italia.
Essere un data scientist qui ed ora
Identikit di un data scientist
Il data scientist è un professionista con un livello di istruzione e di specializzazione molto elevato. Ciò che caratterizza questa figura è che possiede una serie di competenze specifiche, ma molto diverse tra loro. Per diventare scienziato dei dati, insomma, occorre una forte preparazione in ambito STEM e business.
Nel 2012, un articolo sulla Harvard Business Review definiva quella del data scientist la professione più sexy del 21° secolo, prevedendo che i professionisti con queste caratteristiche sarebbero stati molto ricercati dalle aziende.
In effetti lo scienziato dei dati ha la sola capacità che oggi permette di monetizzare (molto vantaggiosamente) la grande quantità di dati che ogni giorno le aziende si trovano a gestire: estrarne il significato per ottenere informazioni utili alla strategia di business.
Le competenze
Le competenze del data scientist sono trasversali. Tra le più ricercate dalle aziende vi sono:
- la conoscenza di un linguaggio di programmazione. Tra i più gettonati R e Python;
- la capacità di sviluppare un algoritmo Machine Learning;
- l’abilità nel comunicare il significato estratto dai dati anche agli utenti business;
- le competenze matematiche e statistiche.
Come diventare data scientist in Italia
Molti data scientist italiani provengono da facoltà STEM tradizionali come matematica, statistica, ingegneria, informatica ed hanno poi continuato la formazione fuori dalla carriera universitaria.
Negli ultimi anni, diversi atenei hanno istituito corsi di laurea triennale, magistrale o Master in Data Science.
Come sta la data science nel belpaese?
Il gap delle competenze digitali rispetto agli altri Paesi UE
Nonostante lo sforzo degli atenei e l’attrattività delle competenze da data scientist sul mercato del lavoro, il fattore umano continua a frenare l’ascesa della data science in Italia.
Nel report DESI 2022 della Commissione Europea sul grado di digitalizzazione della società e dell’economia, l’Italia è 18° posto tra i Paesi nell’Unione (guadagnando due posizioni rispetto al report precedente). Al netto dei progressi incoraggianti, il Digital Decade Report 2023 dell’UE punta anche l’accento sul fatto che in Italia c’è ancora un potenziale digitale inespresso, che potrebbe contribuire in modo significativo ai progressi di tutta l’Europa.
In Italia il data scientist guadagna la metà che nel resto di Europa
Una legge semplice del mercato è quella della domanda e dell’offerta. In genere, quando c’è poca offerta di un bene, il suo prezzo sul mercato sale.
Ci aspetteremmo allora che il data scientist in Italia sia pagato profumatamente, essendo merce rara. Poco sorprendentemente, però, non è così.
Gli USA sono la nazione in cui il data scientist guadagna meglio, circa 100.000$ l’anno. La retribuzione media nel mondo per questi professionisti è di 68.000$: fanno media anche i Paesi a basso reddito.
E in Italia? Lo scienziato dei dati guadagna appena 30.000€ l’anno (fonte Osservatori Digital Innovation, 2019).
Come superare il gap e usare la data science in azienda
Nonostante queste problematiche, le aziende italiane hanno iniziato a investire in Data Analysis e il trend non cessa di crescere (nonostante il rallentamento dovuto al Covid-19).
Che cosa possono fare davvero le aziende per superare questi ostacoli e usare con successo i dati?
Per superare il fatto che pochi dipendenti hanno competenze in ambito data science, la scelta più strategica è quella di sfruttare la self service analytics.
Si tratta di piattaforme software che permettono anche agli utenti business (marketing, HR, logistica ecc) di interrogare i dati attraverso dashboard già configurate.
Quanto più queste dashboard sono interattive, intuitive e immediate, quanto più facile sarà per gli utenti business ottenere insights davvero utili e dare significato ai dati.
I vantaggi della Self Service Analytics
Questo approccio sta consentendo anche ad aziende molto grandi di avere un piccolo team di Data Scientist alla guida di una strategia di BI che coinvolge trasversalmente diversi settori aziendali.
Chiunque ricopra un ruolo chiave può portare nuove proposte, trovare soluzioni e prendere decisioni basandosi sui dati.
L’approccio cooperativo e comunicativo della self service analytics è uno degli aspetti più innovativi e vincenti della data science. Il lavoro sui dati è svolto in team e permette di superare la paura del fallimento, ma anzi di ipotizzare e validare le idee sulla base delle informazioni disponibili, proprio con metodo scientifico.Questo articolo ti è piaciuto?
Leggi il nostro articolo:
“Big Data: come gestirli e con quali strumenti?”.
1. Scopo e benefici
Definisci lo scopo della strategia e i benefici che apporterà al business: ti sarà utile anche se dovrai convincere i tuoi superiori a applicare la strategia che proponi;
2. Data Team
Costituisci una squadra di data management, assegnando ruoli specifici per la governance dei dati;
3. Dati utili
Individua i dati di cui hai bisogno e le fonti da cui ricavarli;
4. Obiettivi
Stabilisci gli obiettivi della gestione dei dati, sia nel breve periodo che nel lungo periodo;
5. Roadmap
Metti a punto una roadmap che includa costi, revenue, obiettivi e tecnologie di cui desideri fornirti per migliorare la BI;
6. Data Governance
Definisci come vengono conservati i dati, per mantenerli sempre sicuri, integri e affidabili;
7. Approvazione
Ottieni l’ok dell’azienda e porta la business intelligence a un livello di efficienza superiore.
Un ultimo promemoria: scegli i tools in base ai tuoi obiettivi
Dalla strategia di Business Intelligence che imposti dipenderà anche la scelta dei tools da utilizzare.
Se la tua data strategy è improntata alla collaborazione, allora dovresti scegliere uno strumento collaborativo e adatto alla self-service analytics. Ad esempio, potresti optare per la soluzione Tableau integrata con Slack.
Considera che sono sempre di più le aziende data – driven che scelgono di dare accesso ai dati a impiegati di ogni reparto strategico, a prescindere dal background tecnico e analitico. I benefici sono sorprendenti!
In un precedente articolo abbiamo anche indagato il tema dei tools per la BI, fornendo una panoramica esaustiva delle scelte possibili. Il nostro consiglio è quello di provare Tableau, il software che ha cambiato le regole del gioco nella business intelligence rendendo i dati davvero accessibili a tutti i dipartimenti aziendali.
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